IL MANICOMIO VISTO DA CHI CI HA LAVORATO

Senio Sensi firma per il nostro blog la recensione del bel libro di Civitelli “Visti da dentro”, una delle svariate opere che nel passato anno sono uscite a Siena sull’argomento psichiatrico. Il libro si segnala, oltre che per le storie e le testimonianze dirette, anche per i disegni, alcuni davvero bellissimi, che Civitelli, creativo multiforme, dedica all’argomento. Belle anche le foto di alcune delle opere di Paris Morgiani, anche queste ormai abbastanza note ad un vasto pubblico. 

“Visti da dentro” il libro di Gino Civitelli di recente uscita per la “Effigi” è uno di quei lavori che non può lasciare indifferenti; fa meditare su come vivevano i malati di mente in manicomio, ma anche in che condizioni erano costretti a lavorare infermiere e infermieri.

Frammenti di vita in un interessante volume che assieme ad altri, di altrettanto recente edizione, meriterebbe un dibattito a tutto tondo: aperto, senza infingimenti ma anche senza retorica o esaltazione ad esempio sulla realizzazione di una riforma che mentre ha corretto certi danni ne ha sicuramente  prodotti altri, magari per colpa della  incompleta realizzazione di quanto previsto dal legislatore (Basaglia 1980); se per una pur parziale applicazione ci vollero, non solo a Siena, 20 anni, significa che qualche problema interpretativo e attuativo si poneva.

rassegna stampa

L’Ospedale Psichiatrico di Siena fu creato due secoli fa e chiuse i battenti, appunto, a fine secolo scorso. Direi che l’interesse per le condizioni dei pazienti, le strutture che li ospitavano, le terapie che venivano praticate ma soprattutto il tema della emarginazione di cui tanto si discusse al tempo della Legge Basaglia, è maggiore ai giorni nostri che non durante gli ultimi anni di vita del manicomio. Il riordino degli archivi, l’intensa attività per evitare la distruzione di importanti manufatti dove i malati vissero e soffrirono, ha acceso un interesse scientifico ma soprattutto sociale ed umano.

Il libro di Civitelli, per 25 anni infermiere allo Psichiatrico, non solo racconta piccole storie di persone matte o ritenute tali, ma qua e là sviluppa un discorso di significato più ampio: ad esempio quando afferma che il manicomio era luogo di emarginazione dei diversi; diversità non facilmente comprensibile per mancanza di strumenti scientifici ma soprattutto per scarsa volontà di approfondire i mali di un mondo che si preferiva sottacere per comodità e per carente umanità. Solo chi ha vissuto la storia del nostro manicomio – come di altri – ha la possibilità di tracciare un quadro completo per   affermare che i malati di mente ci sono stati (e ci saranno sempre) ma troppo spesso le loro storie – alcune delle quali Civitelli racconta – fanno capire come era possibile finisse al manicomio chi matto non era.

Per chiarire il concetto Civitelli, in un capitolo, riporta alcune tesi lombrosiane  riassunte già nel titolo: “Poveri, cioè pericolosi” e quindi da “tenere in prigionia perpetua sotto forma di manicomio” “gli imputati di crimini strani, atroci oppure quelli che presentino una mala costruzione del cranio”. Quella di una certa conformazione del cranio che sarebbe lo specchio delle deviazioni è tesi di Cesare Lombroso che, sembra impossibile,  ogni tanto viene rispolverata dai suoi seguaci moderni.

Altro interessante capitolo è quello su John Conolly come fu descritto nel corso di una lezione tenuta a Siena da Agostino Pirella (altro nome importante per la psichiatria); il reparto più discusso del San Niccolò era quello che prese il nome dallo scienziato con origini irlandesi. Per lui, che “predicava” il confronto con il malato e lo studio delle sue problematiche evitando ogni forma di repressione e violenza, appare poco coerente la creazione di reparti, da lui suggeriti, con stanze imbottite per isolare il malato “clamoroso”. Civitelli nel raccontare frammenti di vita manicomiale parte proprio dalla esperienza vissuta nel reparto Conolly, spiegando una giornata tipo.  Si capisce che per gli ammalati, oltre alla malattia, le forme di coercizione e successivamente le drastiche cure abbiano rappresentato la pressoché totale scomparsa di dignità.

Ci sono stati però rari casi, che l’autore narra, in cui gli infermieri sono riusciti ad instaurare un rapporto umano con gli ammalati che comprendeva anche momenti vissuti all’interno delle loro famiglie.

Senza tabù ma anche senza esibizionismo si scoprono i problemi sessuali vissuti dai ricoverati, uomini e donne, oppure come la sigaretta o il sigaro potevano diventare uno strumento di pressione sia per rabbonirli o convincerli a svolgere mansioni utili per la comunità. Ma c’è posto anche per piccole e tenere storie di amori nati tra ammalati leggendo le quali si rafforza l’idea che l’amore non ha limiti; sopravvive a tutto ed è una fonte straordinaria cui attingere per superare tante avversità della vita.

I graffiti presenti in alcune stanze del Conolly introducono momenti di vera arte nata e sviluppatasi in mezzo a tanta sofferenza. Una lunga citazione viene riservata a Paris Morgiani che, vedendo le immagini riprodotte per alcune sue sculture e pitture, fa davvero pensare che l’arte può nascere e svilupparsi dovunque e non ha bisogno di canoni prestabiliti. E come la mente umana sia un mistero che nessuno ha mai potuto interamente svelare.

Senio Sensi

Gino Civitelli: Visti da dentro; Effigi; Arcidosso 2018