Ancora un’occasione per salvare il conolly

Il candidato Sindaco Fabio Pacciani ha inserito nel suo programma elettorale il recupero del quartiere Conolly e credo, salvo smentite, che sia stato l’unico a citare questo progetto per Siena. Non è una manovra elettorale, ricordo infatti che Fabio si prestò nel 2016 a raccogliere presso il suo studio le firme che bisognava ottenere a sostegno di quell’immobile per la gara dei Luoghi del Cuore, promossa dal Fai. 

Credo però che l’importanza di questa scelta possa anche sfuggire a tanti e vorrei provare a metterla in giusta evidenza.

Il quartiere Conolly, realizzato dal grande architetto Azzurri, viene inaugurato presso il San Niccolò nel 1876 e, in quel periodo pre-farmacologico, rappresentava un elemento di avanguardia che qualificava il manicomio senese come uno dei più avanzati. Era stato costruito sotto l’egida di Carlo Livi (che poi non ne vide l’inaugurazione) il quale aveva pensato di riservare ai malati più difficili una zona a mezza costa nella collina dei Servi, per evitare che grida o urla potessero disturbare, ma anche convinto che un’atmosfera silenziosa e quasi monastica potesse giovare alle menti sconvolte di quei poveretti. 

Il disegno originale mette in evidenza le tre semilune costruite secondo la metodologia del panopticon con le cellette messe in tondo, in modo da ottimizzare il necessario controllo, ognuna delle quali fornita di un piccolo appezzamento di giardino che invitava a fare l’orto.

Mi risparmio di descrivere l’evoluzione (o forse meglio l’involuzione) edilizia e terapeutica che in quel padiglione si è svolta nella sua durata di quasi un secolo (fu chiuso nel 1976), ma certo non si poteva parlare più di un reparto all’avanguardia, anzi!

Ed allora – molti si chiederanno – perché sarebbe importante restaurarlo? 

Intanto perché è rimasto un edificio unico, testimone di una fase della storia della Medicina, in Italia e tra i pochissimi nel mondo e questo già mi parrebbe un motivo valido. 

Poi perché quel luogo dovrebbe in parte rappresentare sé stesso e la memoria di un modo di fare Psichiatria che andrebbe ricordato per evitare di ripeterlo, oltre a divenire la naturale sede dell’importantissimo archivio storico del vecchio San Niccolò, una miniera di dati e di ricerche che possono interessare medici, sociologi e molti altri studiosi. Ma un’operazione intelligente dovrebbe riunire il passato con il presente ed il futuro.

Infatti, divenendo la sede di centri studi e di convegni su molti aspetti della modernità, potrebbe essere particolarmente “vocato” a tutto il tema del panopticon attuale che con i suoi algoritmi e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale rischia di disumanizzarci più di quanto siamo. 

Inoltre, nei suoi oltre mille metri quadri si potrebbero organizzare mostre, performance teatrali, spazi di coworking e tutto quello che può servire a rendere lo spazio recuperato fruibile per i cittadini di Siena, ma non solo. Laddove, infatti, questa operazione di recupero dei vecchi spazi manicomiali è stata fatta (Venezia – Milano – Parma – Firenze) quegli spazi sono diventati meta di un turismo interessato e colto. 

Ed allora un’operazione di questo tipo potrebbe servire a creare un flusso di quel tipo. Magari non numeroso, ma comunque in grado di aprire altre alternative oltre alle solite zone di solito congestionate della città più in luce.

Il tutto anche nel tentativo più generale di far capire che la proposta culturale che Siena offre non si è fermata al triangolo super conosciuto (Duomo, Santa Maria della Scala e Piazza del Campo) o ai fondi oro delle madonne del Trecento e Quattrocento, le cose sono andate avanti e la cultura successiva non è meno interessante di quella precedente, conosciutissima in tutto il mondo.

Mi fermo qui, ma prossimamente mi prometto di illustrare altri progetti che vadano in questo senso: far capire che anche la cultura dei secoli successivi al grande periodo della repubblica di Siena c’è stata, si tratta solo di valorizzarla e metterla in luce.