Scrivere (e leggere) le storie del San Niccolò vuol dire provare tristezza e pena, per chi possiede ancora quella cosa che si chiama umanità. Qualche volta può voler dire provare senso di colpa. A me è successo partendo dalla semplice domanda: perché a lui e non a me? Ci sono naturalmente tante spiegazioni di vario tipo che ci fanno capire alcuni di quei perché, ma non leniscono mai del tutto l’idea di un destino che si è accanito contro qualcuno. Ormai non possiamo più fare nulla per questa moltitudine silenziosa e passata. Però ci possiamo almeno impegnare a far sì che la loro memoria non si perda del tutto. Se questo è il senso di questo raccontare, allora è stato naturale aver raccolto reazioni di commozione e di partecipazione addolorata. Raccontando le vicende degli ultimi e le loro vite disgraziate, spesso concluse con la morte in manicomio, lontani e scordati da tutti, anche dai familiari più stretti, non ci si poteva aspettare nulla di diverso.
