Sono gli ultimi tre decenni del 1800 che danno al San Niccolò l’aspetto attuale ispirato al modello di villaggio manicomiale che rappresentava, in fatto di edilizia ospedaliera, l’ultimo grido in quel tempo. Sono anni molto vivaci in cui si alternano vari direttori medici e aumenta sempre di più la popolazione dei malati, che rapidamente supera le 500 unità, ma si mantiene in costante crescita. Questo fatto rende sempre più necessario allargare gli edifici pensandoli in base ai criteri che per primo il direttore Livi aveva stabilito: 1) separazione tra sessi, 2) separazione tra varie patologie, 3) presenza di personale infermieristico, 4) officine di lavoro, 5) scuole e spazi dedicati alla ricreazione.
Cominciano così gli anni dei grandi interventi di importanti architetti che attraverso una stretta collaborazione con la proprietà (la società di Esecutori di Pie Disposizioni, erede dei Disciplinati sotto le Volte dello Spedale Santa Maria della Scala) e con i vari direttori indirizzano secondo i più moderni criteri la costruzione dei nuovi padiglioni. Due nomi a tal proposito spiccano su tutti: il quasi senese Agostino Fantastici e il romano Francesco Azzurri. Il Fantastici ha una fama locale ed è più vecchio dell’altro, ha lavorato in molti edifici importanti di Siena dando a essi il suo tocco neoclassico: il convitto Tolomei, il teatro dei Rinnovati, vari palazzi gentilizi. Viene coinvolto dalla proprietà nel 1834, dopo un terribile terremoto che danneggiò Siena, per fare la perizia dei danni del nuovo Ospedale San Niccolò, per i quali suggerisce alcuni aggiustamenti.
L’Azzurri invece, proveniente da una famiglia d’importanti architetti romani, diventa qualche anno dopo una sorta di deus ex machina dell’edilizia ospedaliera italiana e non solo. Sono su suo progetto, infatti, il Santa Maria della Pietà di Roma, l’ospedale dell’isola Tiberina, un manicomio in Svizzera, quello di Alessandria e quello di Siena, dove lavora per quasi trent’anni al servizio delle Pie Disposizioni. Quando nel 1893, alla fine del suo incarico, scrive una lunga lettera che ricapitola il lavoro svolto a Siena, dove l’ospedale ha ormai assunto l’aspetto che anche oggi conosciamo, si lamenterà del modesto onorario che ha percepito.
È suo anche il progetto del padiglione Conolly, realizzato in soli tre anni, sotto la direzione medica di Palmerini. E’ interessante sentire dalle sue parole com’era presentato il nuovo progetto: “Sulla piazza interna abbellita di aiuole e verzure, rispondono le celle di isolamento dei malati, larga ognuna metri 3,50 lunga metri 4,05 e alta metri 4, copertura a volta, pavimento in asfalto, ecc. Si è provveduto alla loro ventilazione e riscaldamento e il vano che illumina può aprirsi intieramente in modo che facendo l’ufficio di parete, dà adito ad un ridente giardino corredo di ogni cella. Una di queste, seguendo l’indicazione medica, andrà fino all’altezza stabilita, le pareti imbottite e il pavimento di legno cerato […] aria, sole, profumo dei fiori, e il lieto orizzonte conforteranno le tristi condizioni del malato”.
Le cose poi andarono un po’ diversamente (in tanti sensi) e qualcuno dovrà, alla fine, raccontare qualcuna delle storie che in quelle celle si svolsero.
Altro che aria, sole e profumo di fiori!