Fosse stato i luoghi della mente sarebbe stato perfetto. Nessuna incertezza in quel caso, infatti, nessun luogo forse più del padiglione Conolly porta in scena una mente offesa e deturpata dal tentativo paradossale di una sua cura. Certo anche in quel caso avremmo dovuto interpretare il titolo al contrario, non un luogo della mente stimolata e spinta verso lo star bene, ma verso il suo contrario.
Ma luoghi del cuore, questa è la dizione, fa pensare, almeno a primo impatto, a panorami rilassanti, a scorci incantevoli carichi di bei ricordi e memorie dolci. Dove magari sono cominciati amori o si sono sviluppate belle storie che poi con il passare del tempo sono diventate antiche e lontane.
Non è questo il nostro caso. Qui, in questo luogo di belle storie non ce ne sono state, forse neppure una di quelle storie è stata a lieto fine. Quello che aleggia nel rudere che vogliamo salvare è quasi solo dolore, esclusione, allontanamento dal consorzio civile, insomma storie scomode e difficili di perdenti, di ‘brutti e cattivi’ a cui è stata data una risposta di coercizione. Ma la potenza di questi aspetti è percepibile in quelle cellette, in quelle corti, in quelle sale in un modo così intenso da superare il volume che si può ‘sentire’ da luoghi certamente più gradevoli. Come sempre il male, che poi forse tutti vogliono scordare, si sa imporre.
Ma per il rispetto che dobbiamo a chi dal padiglione Conolly è passato nel corso degli anni, si rende ancor più necessario ricordare, riportare alla mente, risarcire, almeno attraverso il ricordo, vite disgraziate. E se poi quel luogo divenisse luogo di ricerca, di cultura e di scienza il risarcimento sarebbe ancora più importante, diventerebbe forse garanzia che mai più, mai più in quel modo.
E allora almeno noi diciamocelo che intenderemo sempre quello come un luogo del cuore, si, ma con una parentesi.
Il Conolly per noi sarà sempre un luogo del cuore, ma di un cuore (addolorato).