La nostra rassegna stampa

Lo abbiamo già dichiarato, il nostro blog apre uno spazio di rassegna stampa dove segnalare e recensire libri, articoli, film e ogni altro spunto interessante che faccia ricordare, pensare, immaginare il futuro.

Quest’anno, complici alcune ricorrenze importanti, sono stati molti i libri che si sono occupati di temi ed argomenti psichiatrici sia a livello locale che con un taglio più generale. E’ un fatto che vari autori abbiano scelto di raccontare storie, le storie cioè di coloro che nei manicomi hanno trascorso le loro vite. Un modo anche questo non meno nobile di fare storia. Ad alcuni di questi libri vorremmo dedicare le prime puntate della nuova rubrica.

Avverto subito che chi cerca dalla lettura serenità all’insegna di racconti divertenti, magari coronati anche dall’immancabile happy end farà bene a NON seguirci. Qui infatti di storie allegre, che finiscono bene ce ne sono poche, anzi in verità non ce n’è nessuna. Ma per indole siamo sempre stati attirati dai perdenti, dagli ultimi, da quelli che non ne hanno mai azzeccata una nella vita, che sono nati senza “amicizie” o nella famiglia sbagliata, senza doti o talenti o con talenti “strani” e poco apprezzati (come lo sconosciuto pensatore della macchina influenzante  i pensieri che è qui sotto) e che per questi motivi hanno pagato sempre tutto molto caro.

3672a0a2b6a8fc319b25d947ecdb5809
macchina influenzante i pensieri

C’è verso di loro una sorta di dovere etico che ci spinge a riportare alla luce questi drammi e le vite perdute di tanti frequentatori di manicomi (in quest’anno in cui si celebra il quarantennale della 180), storie di vita che altrimenti andrebbero perse, dimenticate in questa società che a stento si rammenta quello che è successo magari solo un mese prima.

Lo sappiamo che la lettura di questi libri crea inquietudine ed un sottile senso di colpa che nasce dalla domanda implicita: ma perché lui o lei e non io, noi? Perché noi abbiamo schivato qualcuno di quegli equivoci, a volte di quei ridicoli sbagli che hanno invece condizionato l’intera vita di alcune persone?

Non c’è risposta ovviamente che possa sedare quell’inquietudine. Sì, lo so, ci sono teorie che ci spiegano qualcosa e scientificamente ci danno chiavi di lettura e di comprensione, ma nessuna riesce a rispondere veramente a quelle domande.

Penso a volte all’aforisma “ognuno è padrone del proprio destino!”. Sempre più mi pare, al cospetto di certe vicende, un pensiero vagamente onnipotente che ha, lo ammetto, tanti esempi di conferma, ma che trova anche tali disconferme da spingerci a  completarlo aggiungendo queste parole: “ma qualcuno è in balia del caso!”

Forse l’unica medicina che può lenire tali sensazioni è l’umano senso di solidarietà verso coloro che il destino ha maltrattato e da questo, semplicemente, siamo mossi nel mettere in risalto, attraverso chi le ha raccontate, le loro storie, con l’auspicio che non si ripetano.

Un atteggiamento inutile e che non porta a nulla! – qualcuno dirà. Ancora un altro esempio di inutile “buonismo”, come spesso si dice oggi, che non servirà a nulla?

No, solo un esempio di quell’umanissima e laicissima “pietas”,  l’eredità, attualmente un po’ dismessa, che ci arriva direttamente dai nostri avi latini.

A prestissimo dunque con il primo libro, di cui anticipiamo il titolo:

«… io son qua rinchiusa…»  di Franco Petrucci