Panapticon, un termine che oggi è divenuto ormai emblema e radice di tutte quelle pratiche occhiute che sempre di più scavano nella nostra privacy e che fanno sì che la nostra intera vita sia studiata e spesso violata, quando va bene, a puri fini di marketing, quando va peggio, per un vero e proprio restringimento della nostra libertà. Si pensa subito a “1984” di Orwell e al Grande Fratello che dall’atmosfera angosciosa di quel libro è poi travalicato nelle ossessive immagini delle varie tv che replicano il format che porta quel nome come se fosse ormai l’unico modo di diventare famosi. Ma com’è possibile – ci si potrebbe chiedere – che una tale mostruosità sia stata partorita dalla mente di Jeremy Bentham, personaggio magari complesso e bizzarro, ma sincero illuminista, sostenitore della Rivoluzione Francese, fondatore della filosofia utilitaristica?
Forse, cercando di adoperare un criterio storicistico, si può sciogliere il dilemma, scoprendo cose diverse, poco note e comunque interessanti.

John Conolly nasce a Market Rasen (Lincolnshire) nel 1794 da famiglia irlandese, si laurea in medicina a Edimburgo nel 1821 con una tesi dal titolo: “De statu mentis in insania et melanchonia”, dimostrando così fin dagli esordi il suo interesse per la Psichiatria. Che però in quel periodo non era ancora inserita nel curriculum degli studi universitari. Dopo aver esercitato in provincia come generico per qualche anno fu nominato professore di Medicina all’University College di Londra. Finalmente viene scelto come primario medico per dirigere il manicomio di Hanwell, un sobborgo di Londra (l’ospedale adesso si chiama West London St. Bernard’s Hospital). E’ qui che elabora e sostiene il suo metodo di cura “no restraint”, cioè l’assenza completa di ogni metodo di contenzione fisica. I risultati del lavoro di quegli anni sono raccolti nel libro dal titolo: Trattamento del malato di mente senza metodi costrittivi (riedito in italiano da Einaudi nel 1974).